Le politiche del Governo nazionale di drastico disinvestimento nel sistema pubblico della formazione e della ricerca, di trasformazione degli assetti di governo delle Università e di modificazione dello stato giuridico della docenza costituiscono un grave attacco al diritto alla conoscenza, principio fondamentale finalizzato alla formazione della persona, al superamento delle disuguaglianze sociali ed al progresso della partecipazione alla vita della società democratica. La riduzione dell’investimento nell’Università, per la quale la spesa dello Stato è ormai prossima allo zero, dato che nel 2010 l’intera spesa per i diversi settori del sistema della conoscenza scenderà sotto l’uno per cento del PIL, comporterà la riduzione dell’offerta formativa e il ridimensionamento dell’attività di ricerca con gravi conseguenze tra le quali, la dispersione di un grande patrimonio di sapere e competenze scientifiche, innanzitutto quello detenuto dai giovani ricercatori non di ruolo, il blocco del necessario ricambio generazionale, l’aumento delle tasse per le famiglie degli studenti, che comporterà il ritorno ad una selezione sulla base della condizione sociale che ritenevamo ormai superata, l’estensione della precarizzazione del lavoro nell’ambito del settore della ricerca. Inoltre le gravi limitazioni all’autogoverno della comunità accademica, attuato attraverso lo svuotamento delle competenze degli organi collegiali e l’introduzione di elementi di esternalizzazione e privatizzazione del governo dell’Università finirà inevitabilmente per snaturare la funzione pubblica dell’Università stessa, limitando la libertà di ricerca e insegnamento che le è propria e asservendola a logiche privatistiche estranee alla sua funzione, costituzionalmente assegnatale.
Su questa base l’Assemblea d’Ateneo richiede al Governo:
il ritiro del DDL Gelmini su governo degli Atenei, stato giuridico della docenza e reclutamento.
Il ritiro della legge 133/2008, almeno per la parte riguardante il sistema della formazione, e della legge 1/2009 e l’avvio di una politica di forti investimenti nel sistema pubblico della formazione secondo le prescrizioni del trattato di Lisbona.
L’avvio di una politica finalizzata a garantire il diritto allo studio, attraverso l’adeguato finanziamento della residenzialità e dei servizi per gli studenti.
Il mantenimento della terza fascia dei ricercatori a tempo indeterminato e il riconoscimento della loro funzione docente.
Il varo di un piano straordinario di reclutamento di ricercatori di ruolo per fare fronte alle esigenze della didattica e della ricerca.
In conseguenza di ciò: l’assemblea impegna tutte le componenti d’Ateneo a promuovere le istanze proposte in ogni sede politica e istituzionale; l’assemblea aderisce allo sciopero proclamato dai lavoratori della conoscenza per Venerdi 11 Dicembre, sostiene la manifestazione nazionale prevista per lo stesso giorno a Roma e si riserva di intensificare le azioni di lotta, qualora il governo non intenda recedere dalla propria politica di tagli e privatizzazioni.
Cosenza, 2 Dicembre 2009.
Sottoscritto da:
Precari Invisibili della Ricerca UniCal,
Rappresentanti dei Ricercatori UniCal in CdA: Prof.ssa Morrone e Prof. Terracina,
Rappresentante dei Prof. Associati UniCal in CdA: Prof. Raffaele Agostino.
venerdì 4 dicembre 2009
Lettera dei ricercatori precari ai laureandi e alle loro famiglie
Cari laureandi, e cari genitori, parenti e amici dei laureandi,
riteniamo opportuno informarvi in questa sede relativamente ai provvedimenti di legge presentati in materia di Università e diritto allo studio. Per decenni una parte della classe dirigente delle Università Italiane, con la connivenza degli schieramenti politici di qualsiasi colore, ha ritenuto possibile utilizzare i fondi di finanziamento pubblici delle Università per fini personalistici e familistici, producendo sprechi, cattiva gestione e deterioramento dell’insegnamento e della ricerca pubblica. L’attuale governo, anziché cercare le responsabilità individuali e punire i comportamenti poco etici di sperpero del denaro pubblico, fa pagare il prezzo di anni di autonomia universitaria gestita male alle fasce di lavoratori universitari meno protetti e più ricattabili e soprattutto agli studenti, alle loro famiglie e al territorio in cui vivono. Infatti, al contrario di quello che dice il ministro Gelmini occupando i media senza mai contraddittorio, il suo nuovo Disegno di Legge, appena approdato in Senato, se divenisse legge, fortificherebbe i poteri baronali presenti nelle Università e avrebbe l’effetto di:
- allontanare immediatamente dall’Italia un’intera generazione di ricercatori in cerca del coronamento di anni di lavoro precario e produrre ulteriore precariato e ricattabilità per le future generazioni di ricercatori.
- richiedere alle famiglie ulteriori gravosi sforzi economici e logistici per salvaguardare per i loro figli la speranza di un futuro migliore attraverso un’istruzione universitaria che risulterebbe per forza di cose dequalificata e agli studenti di indebitarsi prima ancora di avere un lavoro, e sempre che “meritevoli”!
- esporre le Università pubbliche all’ingresso nella gestione delle stesse della politica e della mafia. Infatti, non si capisce quale privato cittadino avrebbe la volontà e i mezzi per sovvenzionare, ad esempio, l’Università della Calabria, se non la Ndrangheta S.p.A.
Vi chiediamo dunque di aderire e partecipare alla manifestazione dei lavoratori della conoscenza dell’11 Dicembre a Roma e di diffondere questo messaggio di protesta e di rifiuto del Disegno di Legge al vaglio delle Camere prima che esso diventi legge e riduca ulteriormente le possibilità di futuro per i giovani calabresi e per il loro territorio.
riteniamo opportuno informarvi in questa sede relativamente ai provvedimenti di legge presentati in materia di Università e diritto allo studio. Per decenni una parte della classe dirigente delle Università Italiane, con la connivenza degli schieramenti politici di qualsiasi colore, ha ritenuto possibile utilizzare i fondi di finanziamento pubblici delle Università per fini personalistici e familistici, producendo sprechi, cattiva gestione e deterioramento dell’insegnamento e della ricerca pubblica. L’attuale governo, anziché cercare le responsabilità individuali e punire i comportamenti poco etici di sperpero del denaro pubblico, fa pagare il prezzo di anni di autonomia universitaria gestita male alle fasce di lavoratori universitari meno protetti e più ricattabili e soprattutto agli studenti, alle loro famiglie e al territorio in cui vivono. Infatti, al contrario di quello che dice il ministro Gelmini occupando i media senza mai contraddittorio, il suo nuovo Disegno di Legge, appena approdato in Senato, se divenisse legge, fortificherebbe i poteri baronali presenti nelle Università e avrebbe l’effetto di:
- allontanare immediatamente dall’Italia un’intera generazione di ricercatori in cerca del coronamento di anni di lavoro precario e produrre ulteriore precariato e ricattabilità per le future generazioni di ricercatori.
- richiedere alle famiglie ulteriori gravosi sforzi economici e logistici per salvaguardare per i loro figli la speranza di un futuro migliore attraverso un’istruzione universitaria che risulterebbe per forza di cose dequalificata e agli studenti di indebitarsi prima ancora di avere un lavoro, e sempre che “meritevoli”!
- esporre le Università pubbliche all’ingresso nella gestione delle stesse della politica e della mafia. Infatti, non si capisce quale privato cittadino avrebbe la volontà e i mezzi per sovvenzionare, ad esempio, l’Università della Calabria, se non la Ndrangheta S.p.A.
Vi chiediamo dunque di aderire e partecipare alla manifestazione dei lavoratori della conoscenza dell’11 Dicembre a Roma e di diffondere questo messaggio di protesta e di rifiuto del Disegno di Legge al vaglio delle Camere prima che esso diventi legge e riduca ulteriormente le possibilità di futuro per i giovani calabresi e per il loro territorio.
mercoledì 25 novembre 2009
Documento dell'Assemblea Nazionale dei Ricercatori Precari
Oggi 20 Novembre una grande assemblea di precari e di studenti, provenienti da tutta Italia, si è riunita alla Sapienza per rilanciare – a partire dalle molteplici iniziative di lotta organizzate in questi mesi nei vari atenei e scuole – un percorso ampio di mobilitazione che rimetta al centro la lotta contro il progetto di dismissione dell'università e che rivendichi un nuovo sistema di garanzie sociali all'altezza delle sfide poste dall'attuale mondo del lavoro. Ad un anno di distanza dall'esplosione dell'Onda, siamo ancora fermi nel nostro rifiuto della crisi economica:
noi la crisi non la paghiamo, vogliamo fin da subito riappropriarci del nostro futuro e della ricchezza sociale che ci viene quotidianamente sottratta.
Per queste ragioni chiediamo, in primo luogo, il ritiro immediato del DDL Gelmini – presentato mediaticamente come disegno “innovativo” di riforma dell’Università – che rappresenta palesemente un progetto di riproposizione e cristallizzazione di tutti gli elementi negativi del sistema universitario, denunciati più volte dal movimento dell’Onda:
- non risolve in nessun modo il problema della precarietà né del ricambio
generazionale – come propagandato dal Governo – aumentando, invece, il fossato tra tutelati e non tutelati, tra chi è dentro e chi è fuori dal sistema di garanzie sociali;
- non interviene sulla governance degli atenei per innovarla, ma per chiudere i già irrisori spazi di democrazia e partecipazione delle differenti componenti accademiche e consolidare e rafforzare il potere delle corporazioni responsabili del fallimento dell'università pubblica negli ultimi 30 anni;
- indebolisce ulteriormente il diritto allo studio, chiedendo agli studenti di indebitarsi “all'americana” attraverso lo strumento del prestito d’onore, mentre la crisi globale – che mostra il fallimento di un sistema fondato sull'indebitamento – richiederebbe una netta inversione di tendenza e di maggiori investimenti per garantire a tutti l’accesso ai livelli più alti dell’istruzione superiore;
- completa il processo di de-strutturazione e riduzione dell’Università pubblica
prefigurando, quindi, un'università complessivamente più piccola, che non risponde alla domanda di maggiore conoscenza e competenze che il nostro paese dovrebbe considerare centrale per le proprie politiche di sviluppo; con l'entrata dei privati negli organi di governo si regalano gli atenei ai poteri locali, senza che questi diano nessun contributo alla crescita dell'università;
- restituisce alle lobby accademiche il controllo sui concorsi, senza incidere sulle pratiche clientelari e mettendo in competizione i precari e gli attuali ricercatori; servirebbe, invece, un piano straordinario di reclutamento, con un numero consistente di concorsi che diano opportunità reali a chi garantisce il funzionamento quotidiano della didattica e della ricerca nei nostri atenei;
- nasconde il progetto di smantellamento selettivo dell'università dietro il paravento della valutazione dei meriti individuali; tuttavia, non si può far finta di non sapere che precarietà e ricattabilità rendono impossibile una valutazione trasparente delle capacità delle persone; la valorizzazione del merito non può prescindere da un serio investimento (anche e soprattutto economico) sulla qualità della didattica e della ricerca e sulla garanzia di autonomia sociale di chi studia, di chi insegna e di chi fa ricerca nelle università. In assenza di tali garanzie, nel contesto Italiano, l'insistenza da parte governativa sul merito si risolve in uno strumento di ulteriore ricatto per i precari. La retorica dell'efficienza e della meritocrazia altro non è che uno strumento per dequalificare ulteriormente il sapere, per stratificare e declassare la forza lavoro.
Specularmente, il taglio dei finanziamenti per la scuola contenuto nella legge 133 di 8 miliardi di euro e la legge 169 con la cancellazione delle compresenze e del modulo determinano un netto peggioramento della qualità della didattica e producono migliaia di licenziamenti. A questo si aggiunge il progetto di legge Aprea che, se approvato, porterebbe l'ingresso dei privati nelle scuole e sarebbe causa di una assurda gerarchizzazione della classe docente con la repressione della libertà di insegnamento e dell'autonomia dei docenti. Allo stesso modo, la volontà di aziendalizzare la scuola uccide l'emancipazione culturale degli studenti. Il protagonismo del movimento dei precari della scuola, dei genitori e degli studenti di questi ultimi mesi si salda naturalmente con la lotta che parte dalle università per costruire una grande risposta unitaria di tutto il mondo della conoscenza contro l'attacco mosso da governo.
In un contesto di forte crisi sociale e produttiva, l’investimento politico ed economico sulla Scuola, sull'Università, le Accademie, i Conservatori e sulla Ricerca come beni comuni dovrebbe essere il principale strumento per il rilancio del paese, fondato sulla qualità della vita delle persone e che sappia andare oltre i limiti del modello fallimentare imposto dall'attuale classe dirigente ed imprenditoriale. L'attacco alla Scuola e all'Università al quale stiamo assistendo è parte di un'aggressione più generale, tanto più anacronistica proprio perché cade nel pieno del fallimento delle politiche di smantellamento dello stato sociale condotte negli ultimi tre decenni.
Non è un caso se l'Onda ha fatto breccia nell'immaginario: ha saputo, infatti, esprimere i bisogni e i desideri di una nuova generazione. La generazione dell'Onda ha mostrato, nel cuore della crisi globale, che in una società della conoscenza l'accesso pubblico all'università e la qualità del sapere, sono degli elementi di nuova e piena cittadinanza. Oggi, alla luce del nuovo progetto di riforma e assunto il definitivo fallimento del modello del 3+2, pensiamo sia ancor più centrale riaprire, in tutti gli atenei, la lotta per l'accesso e per la qualità del sapere, per l'abbattimento delle forme di blocco, di selezione e di segmentazione dei percorsi formativi (numeri chiusi, test d'ingresso, percorsi d'eccellenza), per la rivendicazione di spazi di decisione sulla didattica e sulla ricerca e di autogestione dei percorsi formativi.
Scuola, Università, Accademie, Conservatori e Ricerca sono parte di un modello innovativo di welfare che sappia rispondere alle attuali forme di sfruttamento. La continuità del reddito, l'accesso alla casa e alla mobilità sono bisogni ormai imprescindibili. Solo rispondendo al problema della precarietà di chi studia e lavora nei luoghi della conoscenza con la definizione di un nuovo welfare, si oppone una risposta al governo che non sia corporativa, ma che sappia parlare all'intera società e attraversarla. Per queste ragioni riteniamo decisivo rilanciare nelle
prossime settimane una campagna, in tutte le città, per rivendicare forme di erogazione, diretta ed indiretta, di reddito per gli studenti e i precari, che vada nella direzione del rifiuto delle forme di precarizzazione.
Per questo, da oggi, studenti e lavoratori precari lanciano una vera e propria campagna di mobilitazione che unifichi le lotte portare avanti nelle scuole e nelle università e che, a partire da questa Assemblea nazionale, abbia il passo abbastanza lungo da mettere in discussione il percorso di questo DDL e porre all'ordine del giorno nazionale l'elaborazione di un nuovo sistema di welfare all'altezza delle sfide della società della conoscenza. Si propone di:
- organizzare iniziative di mobilitazione sui territori, in forme molteplici, il 2 dicembre;
- in occasione dell'11 dicembre vogliamo generalizzare lo sciopero e assediare il
Ministero, a partire dalla mobilitazione già lanciata dai coordinamenti e dai precari delle scuole e dai sindacati;
- assediare il Parlamento in concomitanza con il calendario di discussione e votazione del DDL;
- organizzare una grande manifestazione nazionale a Roma a inizio marzo che, partendo dalla difesa e dal rilancio dal mondo della conoscenza, coniughi la necessità di eliminare la precarietà lavorativa ed esistenziale con il contrasto delle migliaia di licenziamenti giustificati pretestuosamente con la crisi rivendicando un nuovo sistema di welfare fondato sulla continuità di reddito per tutti, l'accesso alla mobilità alla casa e ai servizi.
Assemblea nazionale dei precari e degli studenti
Roma, 20/11/2009
noi la crisi non la paghiamo, vogliamo fin da subito riappropriarci del nostro futuro e della ricchezza sociale che ci viene quotidianamente sottratta.
Per queste ragioni chiediamo, in primo luogo, il ritiro immediato del DDL Gelmini – presentato mediaticamente come disegno “innovativo” di riforma dell’Università – che rappresenta palesemente un progetto di riproposizione e cristallizzazione di tutti gli elementi negativi del sistema universitario, denunciati più volte dal movimento dell’Onda:
- non risolve in nessun modo il problema della precarietà né del ricambio
generazionale – come propagandato dal Governo – aumentando, invece, il fossato tra tutelati e non tutelati, tra chi è dentro e chi è fuori dal sistema di garanzie sociali;
- non interviene sulla governance degli atenei per innovarla, ma per chiudere i già irrisori spazi di democrazia e partecipazione delle differenti componenti accademiche e consolidare e rafforzare il potere delle corporazioni responsabili del fallimento dell'università pubblica negli ultimi 30 anni;
- indebolisce ulteriormente il diritto allo studio, chiedendo agli studenti di indebitarsi “all'americana” attraverso lo strumento del prestito d’onore, mentre la crisi globale – che mostra il fallimento di un sistema fondato sull'indebitamento – richiederebbe una netta inversione di tendenza e di maggiori investimenti per garantire a tutti l’accesso ai livelli più alti dell’istruzione superiore;
- completa il processo di de-strutturazione e riduzione dell’Università pubblica
prefigurando, quindi, un'università complessivamente più piccola, che non risponde alla domanda di maggiore conoscenza e competenze che il nostro paese dovrebbe considerare centrale per le proprie politiche di sviluppo; con l'entrata dei privati negli organi di governo si regalano gli atenei ai poteri locali, senza che questi diano nessun contributo alla crescita dell'università;
- restituisce alle lobby accademiche il controllo sui concorsi, senza incidere sulle pratiche clientelari e mettendo in competizione i precari e gli attuali ricercatori; servirebbe, invece, un piano straordinario di reclutamento, con un numero consistente di concorsi che diano opportunità reali a chi garantisce il funzionamento quotidiano della didattica e della ricerca nei nostri atenei;
- nasconde il progetto di smantellamento selettivo dell'università dietro il paravento della valutazione dei meriti individuali; tuttavia, non si può far finta di non sapere che precarietà e ricattabilità rendono impossibile una valutazione trasparente delle capacità delle persone; la valorizzazione del merito non può prescindere da un serio investimento (anche e soprattutto economico) sulla qualità della didattica e della ricerca e sulla garanzia di autonomia sociale di chi studia, di chi insegna e di chi fa ricerca nelle università. In assenza di tali garanzie, nel contesto Italiano, l'insistenza da parte governativa sul merito si risolve in uno strumento di ulteriore ricatto per i precari. La retorica dell'efficienza e della meritocrazia altro non è che uno strumento per dequalificare ulteriormente il sapere, per stratificare e declassare la forza lavoro.
Specularmente, il taglio dei finanziamenti per la scuola contenuto nella legge 133 di 8 miliardi di euro e la legge 169 con la cancellazione delle compresenze e del modulo determinano un netto peggioramento della qualità della didattica e producono migliaia di licenziamenti. A questo si aggiunge il progetto di legge Aprea che, se approvato, porterebbe l'ingresso dei privati nelle scuole e sarebbe causa di una assurda gerarchizzazione della classe docente con la repressione della libertà di insegnamento e dell'autonomia dei docenti. Allo stesso modo, la volontà di aziendalizzare la scuola uccide l'emancipazione culturale degli studenti. Il protagonismo del movimento dei precari della scuola, dei genitori e degli studenti di questi ultimi mesi si salda naturalmente con la lotta che parte dalle università per costruire una grande risposta unitaria di tutto il mondo della conoscenza contro l'attacco mosso da governo.
In un contesto di forte crisi sociale e produttiva, l’investimento politico ed economico sulla Scuola, sull'Università, le Accademie, i Conservatori e sulla Ricerca come beni comuni dovrebbe essere il principale strumento per il rilancio del paese, fondato sulla qualità della vita delle persone e che sappia andare oltre i limiti del modello fallimentare imposto dall'attuale classe dirigente ed imprenditoriale. L'attacco alla Scuola e all'Università al quale stiamo assistendo è parte di un'aggressione più generale, tanto più anacronistica proprio perché cade nel pieno del fallimento delle politiche di smantellamento dello stato sociale condotte negli ultimi tre decenni.
Non è un caso se l'Onda ha fatto breccia nell'immaginario: ha saputo, infatti, esprimere i bisogni e i desideri di una nuova generazione. La generazione dell'Onda ha mostrato, nel cuore della crisi globale, che in una società della conoscenza l'accesso pubblico all'università e la qualità del sapere, sono degli elementi di nuova e piena cittadinanza. Oggi, alla luce del nuovo progetto di riforma e assunto il definitivo fallimento del modello del 3+2, pensiamo sia ancor più centrale riaprire, in tutti gli atenei, la lotta per l'accesso e per la qualità del sapere, per l'abbattimento delle forme di blocco, di selezione e di segmentazione dei percorsi formativi (numeri chiusi, test d'ingresso, percorsi d'eccellenza), per la rivendicazione di spazi di decisione sulla didattica e sulla ricerca e di autogestione dei percorsi formativi.
Scuola, Università, Accademie, Conservatori e Ricerca sono parte di un modello innovativo di welfare che sappia rispondere alle attuali forme di sfruttamento. La continuità del reddito, l'accesso alla casa e alla mobilità sono bisogni ormai imprescindibili. Solo rispondendo al problema della precarietà di chi studia e lavora nei luoghi della conoscenza con la definizione di un nuovo welfare, si oppone una risposta al governo che non sia corporativa, ma che sappia parlare all'intera società e attraversarla. Per queste ragioni riteniamo decisivo rilanciare nelle
prossime settimane una campagna, in tutte le città, per rivendicare forme di erogazione, diretta ed indiretta, di reddito per gli studenti e i precari, che vada nella direzione del rifiuto delle forme di precarizzazione.
Per questo, da oggi, studenti e lavoratori precari lanciano una vera e propria campagna di mobilitazione che unifichi le lotte portare avanti nelle scuole e nelle università e che, a partire da questa Assemblea nazionale, abbia il passo abbastanza lungo da mettere in discussione il percorso di questo DDL e porre all'ordine del giorno nazionale l'elaborazione di un nuovo sistema di welfare all'altezza delle sfide della società della conoscenza. Si propone di:
- organizzare iniziative di mobilitazione sui territori, in forme molteplici, il 2 dicembre;
- in occasione dell'11 dicembre vogliamo generalizzare lo sciopero e assediare il
Ministero, a partire dalla mobilitazione già lanciata dai coordinamenti e dai precari delle scuole e dai sindacati;
- assediare il Parlamento in concomitanza con il calendario di discussione e votazione del DDL;
- organizzare una grande manifestazione nazionale a Roma a inizio marzo che, partendo dalla difesa e dal rilancio dal mondo della conoscenza, coniughi la necessità di eliminare la precarietà lavorativa ed esistenziale con il contrasto delle migliaia di licenziamenti giustificati pretestuosamente con la crisi rivendicando un nuovo sistema di welfare fondato sulla continuità di reddito per tutti, l'accesso alla mobilità alla casa e ai servizi.
Assemblea nazionale dei precari e degli studenti
Roma, 20/11/2009
mercoledì 18 novembre 2009
Riprendere la parola, rilanciare il movimento
Appello per un'assemblea nazionale a Roma a “La Sapienza” venerdì 20 Novembre.
Il Disegno di legge per la riforma dell'Università, da poco approvato
in Consiglio dei ministri (28.10), ci impone di riprendere la parola.
E' passato un anno, infatti, da quel movimento straordinario che ha
congelato ogni ipotesi di riforma organica dell'università, invadendo
le piazze di tutta Italia. Un movimento, quello dell'Onda, che ha
saputo reinventare il conflitto in un Paese trafitto dalle destre e
privo di opposizione. Un movimento che, partito nelle università, è
dilagato nelle scuole e ha coinvolto anche noi, precari della ricerca,
già protagonisti delle lotte contro il Ddl Moratti nell'autunno del
2005.
La forza dell'Onda ha in buona parte fermato l'iniziativa governativa
(ricordiamo che al seguito dell'approvazione del Dl 137 sulla scuola –
29 ottobre del 2008, la Gelmini aveva promesso un decreto legge anche
per l'università), ma non è riuscito ad ottenere l'annullamento dei
tagli finanziari alla formazione, massicciamente introdotti dalla
Legge 133 (8 miliardi di euro in meno per la scuola, 1.5 miliardi di
euro per l'università). Oggi, nel pieno di un autunno sempre più
carico di disoccupazione e di precarietà, indubbiamente ancora debole
sul piano del conflitto, il governo ha ripreso l'offensiva.
Il Ddl colpisce a morte l'università pubblica, riorganizzandola a
partire dall'insistenza dei tagli. Se la parte relativa alla
governance prefigura università snelle (per numero di facoltà), prive
di democrazia (riduzione e svuotamento delle competenze degli organi
collegiali) e aziendalizzate (apertura ai privati del Consiglio di
amministrazione), la seconda, quella che delega il governo al riordino
del diritto allo studio secondo la retorica del merito, introduce il
prestito d'onore per gli studenti, imponendo la formula del debito
individuale in sostituzione ai diritti comuni.
Ma è la terza parte quella che ci riguarda di più. In primo luogo
viene abolita la terza fascia di docenza, quella dei ricercatori a
tempo indeterminato. Solo contratti a termine per chi fa ricerca; poi,
dopo sei anni e un'abilitazione, tutti a sgomitare per i pochi posti
da professore associato, in concorsi locali e notoriamente
“meritocratici” ma in realtà profondamente opachi , i cui criteri
restano sostanzialmente invariati rispetto a quelli attuali. In
generale, questo DDL cambia tutto per non cambiare nulla. Per un verso
nessuna delle proposte elaborate in questi anni dai precari viene
assunta, e resta la giungla di contratti precari che caratterizzano
l'università attuale (gli assegni di ricerca, le borse di studio, i
contratti di docenza e altro), con la ratificazione dei contratti di
docenza GRATUITI. Per un altro verso si riduce lo spazio per la
ricerca e si consolida la tendenza alla liceizzazione dell'università
pubblica, in cui il compito prevalente delle figure “stabili” sarà la
didattica. La riforma promette solo tagli e non è previsto alcun
incremento di fondi: non si capisce quindi con quali soldi si potranno
assumere i ricercatori a tempo determinato, il cui costo è superiore a
quello degli attuali associati. Il tetto alla spesa per il personale
confermato nel disegno di legge e i tagli pesantissimi della legge 133
che già oggi stanno producendo migliaia di licenziamenti non faranno
che aggravarsi. Le campagne stampa che parlano di abolizione del
precariato sono chiaramente demagogiche: questa riforma il precariato
della ricerca lo moltiplica all'infinito.
È chiaro dunque che se questo DDL venisse approvato dalle Camere si
definirebbe un punto di non ritorno, meglio, la dismissione
dell'università pubblica che abbiamo conosciuto fino ad adesso.
Un'università, intendiamoci bene, che non ci siamo mai sognati di
difendere e che abbiamo con forza e passione criticato, a partire dal
nostro ruolo. Oggi è necessario, però, riprendere la critica dei tagli
e del DDL che ne è diretta espressione. Pretendere di finanziare
questa riforma con i soldi dello scudo fiscale è insensato. Non si può
vincolare l’università italiana alle trovate della finanza creativa
del ministro dell’economia Tremonti. Resta il fatto che in Italia si
spende meno dell’1% del PIL in ricerca, e questa riforma non prevede
alcun incremento.
Per questo riteniamo giunto il momento di riprendere parola, per
confrontare analisi e proposte, ma anche e soprattutto per ridefinire
una piattaforma e un'agenda di lotte condivise. Un'agenda che non si
limiti ad assumere la partecipazione alle scadenze sindacali già in
cantiere, ma che piuttosto faccia delle stesse occasioni per
rilanciare un movimento e una campagna politica molto più ampia e a
lungo termine, che riguardi l'università e la ricerca, ma che si leghi
anche alle lotte degli studenti e della scuola e che cominci a
immaginare e a pretendere un nuovo Welfare.
A partire da queste premesse e convinti che le nostre parole
rispondano ad un'esigenza diffusa, convochiamo per venerdì 20
novembre, alle ore 14 presso la Sapienza un'assemblea nazionale con il
seguente ordine del giorno:
1. Analisi del Ddl
2. Piattaforma delle rivendicazioni
3. Agenda delle mobilitazioni nazionali e territoriali
Con questo appello riteniamo fondamentale coinvolgere nella
partecipazione e nel dibattito gli studenti e i precari della scuola.
Laboratori Precari - Rete dei dottorandi e ricercatori precari delle
Università di Roma http://laboratoriprecari.blogspot.com
Coordinamento Nazionale Precari della Ricerca-Flc Cgil
Il Disegno di legge per la riforma dell'Università, da poco approvato
in Consiglio dei ministri (28.10), ci impone di riprendere la parola.
E' passato un anno, infatti, da quel movimento straordinario che ha
congelato ogni ipotesi di riforma organica dell'università, invadendo
le piazze di tutta Italia. Un movimento, quello dell'Onda, che ha
saputo reinventare il conflitto in un Paese trafitto dalle destre e
privo di opposizione. Un movimento che, partito nelle università, è
dilagato nelle scuole e ha coinvolto anche noi, precari della ricerca,
già protagonisti delle lotte contro il Ddl Moratti nell'autunno del
2005.
La forza dell'Onda ha in buona parte fermato l'iniziativa governativa
(ricordiamo che al seguito dell'approvazione del Dl 137 sulla scuola –
29 ottobre del 2008, la Gelmini aveva promesso un decreto legge anche
per l'università), ma non è riuscito ad ottenere l'annullamento dei
tagli finanziari alla formazione, massicciamente introdotti dalla
Legge 133 (8 miliardi di euro in meno per la scuola, 1.5 miliardi di
euro per l'università). Oggi, nel pieno di un autunno sempre più
carico di disoccupazione e di precarietà, indubbiamente ancora debole
sul piano del conflitto, il governo ha ripreso l'offensiva.
Il Ddl colpisce a morte l'università pubblica, riorganizzandola a
partire dall'insistenza dei tagli. Se la parte relativa alla
governance prefigura università snelle (per numero di facoltà), prive
di democrazia (riduzione e svuotamento delle competenze degli organi
collegiali) e aziendalizzate (apertura ai privati del Consiglio di
amministrazione), la seconda, quella che delega il governo al riordino
del diritto allo studio secondo la retorica del merito, introduce il
prestito d'onore per gli studenti, imponendo la formula del debito
individuale in sostituzione ai diritti comuni.
Ma è la terza parte quella che ci riguarda di più. In primo luogo
viene abolita la terza fascia di docenza, quella dei ricercatori a
tempo indeterminato. Solo contratti a termine per chi fa ricerca; poi,
dopo sei anni e un'abilitazione, tutti a sgomitare per i pochi posti
da professore associato, in concorsi locali e notoriamente
“meritocratici” ma in realtà profondamente opachi , i cui criteri
restano sostanzialmente invariati rispetto a quelli attuali. In
generale, questo DDL cambia tutto per non cambiare nulla. Per un verso
nessuna delle proposte elaborate in questi anni dai precari viene
assunta, e resta la giungla di contratti precari che caratterizzano
l'università attuale (gli assegni di ricerca, le borse di studio, i
contratti di docenza e altro), con la ratificazione dei contratti di
docenza GRATUITI. Per un altro verso si riduce lo spazio per la
ricerca e si consolida la tendenza alla liceizzazione dell'università
pubblica, in cui il compito prevalente delle figure “stabili” sarà la
didattica. La riforma promette solo tagli e non è previsto alcun
incremento di fondi: non si capisce quindi con quali soldi si potranno
assumere i ricercatori a tempo determinato, il cui costo è superiore a
quello degli attuali associati. Il tetto alla spesa per il personale
confermato nel disegno di legge e i tagli pesantissimi della legge 133
che già oggi stanno producendo migliaia di licenziamenti non faranno
che aggravarsi. Le campagne stampa che parlano di abolizione del
precariato sono chiaramente demagogiche: questa riforma il precariato
della ricerca lo moltiplica all'infinito.
È chiaro dunque che se questo DDL venisse approvato dalle Camere si
definirebbe un punto di non ritorno, meglio, la dismissione
dell'università pubblica che abbiamo conosciuto fino ad adesso.
Un'università, intendiamoci bene, che non ci siamo mai sognati di
difendere e che abbiamo con forza e passione criticato, a partire dal
nostro ruolo. Oggi è necessario, però, riprendere la critica dei tagli
e del DDL che ne è diretta espressione. Pretendere di finanziare
questa riforma con i soldi dello scudo fiscale è insensato. Non si può
vincolare l’università italiana alle trovate della finanza creativa
del ministro dell’economia Tremonti. Resta il fatto che in Italia si
spende meno dell’1% del PIL in ricerca, e questa riforma non prevede
alcun incremento.
Per questo riteniamo giunto il momento di riprendere parola, per
confrontare analisi e proposte, ma anche e soprattutto per ridefinire
una piattaforma e un'agenda di lotte condivise. Un'agenda che non si
limiti ad assumere la partecipazione alle scadenze sindacali già in
cantiere, ma che piuttosto faccia delle stesse occasioni per
rilanciare un movimento e una campagna politica molto più ampia e a
lungo termine, che riguardi l'università e la ricerca, ma che si leghi
anche alle lotte degli studenti e della scuola e che cominci a
immaginare e a pretendere un nuovo Welfare.
A partire da queste premesse e convinti che le nostre parole
rispondano ad un'esigenza diffusa, convochiamo per venerdì 20
novembre, alle ore 14 presso la Sapienza un'assemblea nazionale con il
seguente ordine del giorno:
1. Analisi del Ddl
2. Piattaforma delle rivendicazioni
3. Agenda delle mobilitazioni nazionali e territoriali
Con questo appello riteniamo fondamentale coinvolgere nella
partecipazione e nel dibattito gli studenti e i precari della scuola.
Laboratori Precari - Rete dei dottorandi e ricercatori precari delle
Università di Roma http://laboratoriprecari.blogspot.com
Coordinamento Nazionale Precari della Ricerca-Flc Cgil
mercoledì 16 settembre 2009
Giornata Nazionale del Ricercatore Scientifico
I Precari Invisibili della Ricerca - UniCal insieme al Comitato di Ricercatori Precari dell'Università di Catania organizzano:
GIORNATA NAZIONALE DEL RICERCATORE SCIENTIFICO
Prima Edizione
“Ricerca & Precarietà”
Università degli Studi della Calabria
09/10 ottobre 2009
Maggiori dettagli sul sito web dedicato all'evento:
http://sites.google.com/site/giornataricercatorescientifico/
o sulla pagina web dell'Università della Calabria:
http://www.unical.it/portale/portaltemplates/view/view.cfm?14261
GIORNATA NAZIONALE DEL RICERCATORE SCIENTIFICO
Prima Edizione
“Ricerca & Precarietà”
Università degli Studi della Calabria
09/10 ottobre 2009
Maggiori dettagli sul sito web dedicato all'evento:
http://sites.google.com/site/giornataricercatorescientifico/
o sulla pagina web dell'Università della Calabria:
http://www.unical.it/portale/portaltemplates/view/view.cfm?14261
martedì 7 luglio 2009
SOLIDARIETA'
I Precari Invisibili della Ricerca e della Docenza dell'UniCal esprimono la propria solidarietà ai cinque studenti accusati di resistenza a pubblico ufficiale e radunata sediziosa in relazione alle proteste avvenute durante l'inaugurazione del nuovo Anno Accademico dell'UniCal.Il 15 Gennaio 2009 l'Università della Calabria riceve il Presidente della Repubblica Italiana, Giorgio Napolitano, per l'inaugurazione del nuovo Anno Accademico. E' un momento storico per la nostra Università, ma contrariamente al clima di festa e di partecipazione che spesso accompagnano le visite del nostro Presidente, l'Università della Calabria si presenta vuota per non dire desertica.
In una bella giornata di sole il Ponte Bucci non brulica di persone come al solito. Soltanto un imponente servizio d'ordine costituito da uomini della Polizia, della Guardia di Finanza, dei Carabinieri, della DIGOS, compresi i cecchini sui cubi, popola la nostra Università con l'ordine di impedire qualsiasi passaggio sui diversi livelli del ponte e intorno all'Aula Magna.Anche i Precari Invisibili della Ricerca e della Docenza dell'UniCal, quel giorno, insieme agli studenti, ai ricercatori e ai docenti, hanno colto l'occasione della visita del Presidente per esprimere in modo pacifico la propria indignazione per l'approvazione dei famigerati provvedimenti “contro” l’università pubblica approvati con fiducia blindata dal nostro Governo.I Precari della Ricerca hanno scelto di affidare ad una lettera la propria voce da far pervenire al Presidente Napolitano quale supremo garante dei principi fondamentali sanciti dalla Carta Costituzionale in particolare gli Articoli 3, 33 e 34 della Costituzione Italiana che sanciscono l'uguaglianza formale e sostanziale dei cittadini, la libertà della ricerca e dell'insegnamento, l'istituzione di scuole statali per ogni ordine e grado e il diritto allo studio per tutti i cittadini.Nonostante fosse stato chiesto all'Amministrazione universitaria di far pervenire il testo al Presidente, ciò non solo non accadde ma anche lo stesso Quirinale fece sapere in una nota di non essere mai stato investito di tale compito da parte dell'Amministrazione universitaria!
A ciò si aggiunge che i Ricercatori Precari formalmente invitati a partecipare all'inaugurazione dentro l'Aula Magna sono stati identificati senza alcun reale motivo. Quindi niente da festeggiare e niente da inaugurare nello scenario militarizzato e inaccessibile dell'UniCal.Siamo in un clima di governance ormai autoritaria in cui non è consentito esprimere il proprio dissenso.E in Calabria? Quante scuole verranno chiuse? Quanti precari dovranno emigrare per lavorare e a quali condizioni?
Le scelte di questo Governo, che non investe nella conoscenza, che non investe sulle nuove generazioni, che reprime con la forza il sapere critico di cui le Università dovrebbero essere il terreno di coltura, si avventano come una scure sulle prospettive di futuro del nostro Paese.
Le Università Pubbliche riusciranno ad andare avanti con risorse sempre più esigue? Che fine farà l'investimento nella conoscenza delle nuove generazioni? Quale modello di sviluppo ci attende?Queste sono alcune delle domande che gli studenti, i ricercatori e i docenti precari, pongono da molto tempo senza trovare risposta.
La denuncia ai cinque studenti è una delle tante evidenze della regressione dei nostri tempi.I Precari Invisibili della Ricerca - UniCal
Nodo Calabrese dell’ONDA PRECARIA
(Docenti e Ricercatori Precari)
venerdì 1 maggio 2009
Consiglio di Facoltà di Ingegneria del 6 Maggio
Dopo 6 mesi di attesa e alcuni battibecchi con il Preside di Facoltà, ad ingegneria, siamo riusciti ad ottenere un consiglio di Facoltà UNICAMENTE destinato alle problematiche dei precari della ricerca.
Con questo post intendiamo invitare a partecipare i precari di tutte le facoltà che condividono gli stessi problemi, e soprattutto sensibilizzare i ricercatori e i docenti della facoltà di ingegneria ad essere presenti al consiglio affinchè il dibattito possa essere più esteso, democratico e proficuo possibile.
Con questo post intendiamo invitare a partecipare i precari di tutte le facoltà che condividono gli stessi problemi, e soprattutto sensibilizzare i ricercatori e i docenti della facoltà di ingegneria ad essere presenti al consiglio affinchè il dibattito possa essere più esteso, democratico e proficuo possibile.
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