venerdì 28 novembre 2008

Un interrogativo sulle ‘Linee guida’ del Ministro Gelmini

di Walter Nocito e Silvio Gambino (UniCal) - Calabria Ora (27/XI/2008)

Da un paio di settimane il Ministro Gelmini ha reso pubbliche le Linee guida per la riforma dell'Università facendone una piattaforma di confronto e anche di sfida all’Onda e all’intero sistema delle autonomie universitarie. Nell’ottica del Ministro, le Linee costituiscono la “proposta aperta” per realizzare la strategia del Governo Berlusconi per la Legislatura in corso, presentandosi come strumento funzionale a realizzare gli obiettivi strategici per l’intero Paese, identificati nell’equilibrio di bilancio, nella implementazione dell’Agenda di Lisbona e nel recupero del gap di competitività del sistema Paese (pag. 1, Linee guida).
Rispetto a tale impostazione del Governo, la domanda che pare lecito porsi è: può un sistema universitario essere conformato alle esigenze di equilibrio di bilancio e alla pura competitività del Paese-Azienda. L’interrogativo non è peregrino. La difficoltà di convenire sulla risposta spiega tutti i ‘problemi di comunicazione’ fra Paese reale e Paese legale, fra l’Onda, la Comunità scientifica e i governanti.
La risposta da parte di chi scrive è decisamente nel senso negativo e ciò per più ragioni, la principale delle quali risiede nella considerazione secondo cui la spesa pubblica, per la scuola, per la ricerca e per l’università, costituisce un ‘investimento di lungo termine’, destinato a produrre effetti positivi non necessariamente nell’immediato bensì nel periodo medio-lungo; per tale ragione non può essere valutata con parametri meramente aziendalistici o economicistici. Farlo significherebbe, inevitabilmente, lanciare alle ortiche secoli di quella cultura umanistica, europea e universalistica, che costituisce a tuttora la base di una umanizzazione per lo sviluppo sostenibile delle tecnologie contemporanee e che fa dell’Italia un vero e proprio ‘giacimento culturale’ che il mondo interno ci invidia.
Nella missione storica perseguita dalle autonomie universitarie, a partire dalla universitas medievale fino al modello franco-tedesco (humboldtiano), trova posto tanto la ricerca di base, intesa come ricerca pura, quanto la ricerca applicata, intesa come trasferimento tecnico e tecnologico dei risultati della ricerca scientifica negli ambiti necessari allo sviluppo della competitività socialmente sostenibile dei sistemi economici (creazione di reddito, equa redistribuzione dello stesso, mobilità sociale).
Esattamente a questo livello si colloca la valutazione negativa sulla cultura delle riforme universitarie praticate attraverso le leve del bilancio, le quali (tagli al FFO, blocco del turn over), produrranno inevitabilmente (almeno a partire dal 2010) l’abbandono degli ambiti della ricerca pura a solo ed esclusivo vantaggio di quella applicata, inevitabilmente asfittica e alla lunga improduttiva e insostenibile. Un esempio fra i tanti possibili. Potranno il MIUR e le singole università del Paese finanziare in futuro ricerche proposte dalla comunità scientifica sul diritto attico, sul sanscrito, sulla fisica teorica? Ma, se non potranno più finanziare tali filoni di base, continua ad avere senso citare le statistiche internazionali sul posizionamento comparativo degli atenei del Paese, rispetto ad università americane e tedesche dove tali ‘ricerche pure’ sono doviziosamente sostenute e finanziate alla pari di quelle ‘applicate’? Come si vede, ci si deve sempre interrogare sulla ratio e la strategia di ogni politica di riforma. Le risposte non sono mai scontate!

Lettera ai docenti di Ingegneria

Questa lettera ai docenti di Ingegneria è stata scritta a seguito del Consiglio di Facoltà del 25 Novembre 2008 dai precari invisibili della ricerca e dagli studenti che hanno assistito al consiglio.


Al Consiglio di Facoltà di Ingegneria
UNICAL


Rinfrancante, appassionata, esaltante questi sono stati alcuni degli aggettivi da voi utilizzati per commentare la performance televisiva di studenti e precari della ricerca dell’UniCal ad Annozero, ma più specificatamente di studenti e precari della ricerca della Facoltà di Ingegneria dell’UniCal. Vi siamo piaciuti. Alcuni di voi si sono detti orgogliosi di noi.
E poi siamo venuti in Consiglio di Facoltà a portare le stesse facce, gli stessi toni, indignati ma moderati, gli stessi concetti che tanto avete apprezzato seduti al divano di casa.
Se il nostro show è stato per voi entusiasmante, il vostro è stato ai nostri occhi deprimente.
Opportunisti, egoisti, ciechi, incapaci di pensare ad un obiettivo comune e lottare per esso, che nessuno si abbia ad offendere, così vi abbiamo visto noi.
Dopo gli applausi e i complimenti, si è tornati immediatamente alla dura realtà, quella fatta dai granitici blocchi di potere che dominano la nostra Facoltà, ai muro contro muro, alle logiche gerarchiche e baronali, alla bieca ostinazione di chi non vuole recedere di un passo di fronte a nulla.
L’esaltante esperienza di pensarvi diversi la delegate a noi, niente vi ha smosso di un millimetro.
E allora ci tocca continuare solo ad immaginare che in Consiglio di Facoltà, anziché consumare tempo ed energia in discussioni infinite, si discuta di come permettere agli studenti di diventare attori protagonisti nel loro processo di crescita e maturazione, anziché difendere a spada tratta i propri valvassori e valvassini, si trovi il modo di liberare idee e pensieri dal giogo dei maestri, senza l’avallo dei quali, adesso non si vive e non si muore, anziché asservire merito e prestigio accademico ai meccanismi spartitori, si pensi a come permettere a tutti di lavorare con dignità e orgoglio per generare nuovo merito e nuovo prestigio. E’ incredibile come anziché studiare e scegliere le strade più giuste per trattenere all’interno della facoltà le risorse umane giovani e meritevoli ci si scanni per ore su un avanzamento di carriera.
Ci spiace vedere un nuovo Preside già in balia di questi meccanismi spartitori. Ci saremmo aspettati che superasse l’empasse creatasi con l’audacia di chi riesce a guardare lontano, di chi riesce a riportare i colleghi sulla logica di cosa sarebbe giusto per la Facoltà, e invece abbiamo assistito ad un infelice “non me la sento”…
Preside, se lei non se la sente, noi, al contrario, ce la sentiamo. Se lei si lascia impaurire da cosa i Ministeri proclamano, noi, al contrario ci siamo stancati di avere paura. E la esortiamo ad assumere decisioni coraggiose e di rottura col passato.
A distanza di un mese dalla conversione in legge di un decreto ingiusto, offensivo, mortificante per chi produce cultura, voi, docenti di Ingegneria non avete ancora trovato un momento per produrre un documento che esprima indignazione per le politiche del Governo sull’Università. Da che parte state? Non l’abbiamo davvero ancora capito. Noi siamo al centro della lotta che mira a ridare una dignità al nostro futuro e al vostro presente, stiamo facendo rete e ci stiamo facendo valere, e voi? Decidetelo per favore, e fatecelo sapere con fatti, azioni, ordini del giorno dei Consigli di Facoltà, commissioni apposite, cambiamenti ai regolamenti e agli statuti, proposte negli organi di governo dell’ateneo. Le paternalistiche pacche sulle spalle o i complimenti non servono più. Vi esortiamo ad uscire dalla vostra ignavia, se decideste di non farlo o decideste di farlo per stare con chi minaccia la democrazia di questo paese, noi continueremo nella nostra lotta non violenta per cambiare una nazione che non premia i giovani, che non premia il merito, che non premia l’impegno. Semplicemente, se deciderete di essere un ostacolo, sarete anche voi travolti dall’onda della creatività, dell’entusiasmo, della partecipazione e avrete perso un’altra, l’ennesima occasione per provare ad essere quelli che avreste voluto essere agli inizi delle vostre carriere.

Gli studenti e i precari “invisibili” della ricerca
dell’Università della Calabria