mercoledì 18 novembre 2009

Riprendere la parola, rilanciare il movimento

Appello per un'assemblea nazionale a Roma a “La Sapienza” venerdì 20 Novembre.

Il Disegno di legge per la riforma dell'Università, da poco approvato
in Consiglio dei ministri (28.10), ci impone di riprendere la parola.
E' passato un anno, infatti, da quel movimento straordinario che ha
congelato ogni ipotesi di riforma organica dell'università, invadendo
le piazze di tutta Italia. Un movimento, quello dell'Onda, che ha
saputo reinventare il conflitto in un Paese trafitto dalle destre e
privo di opposizione. Un movimento che, partito nelle università, è
dilagato nelle scuole e ha coinvolto anche noi, precari della ricerca,
già protagonisti delle lotte contro il Ddl Moratti nell'autunno del
2005.

La forza dell'Onda ha in buona parte fermato l'iniziativa governativa
(ricordiamo che al seguito dell'approvazione del Dl 137 sulla scuola –
29 ottobre del 2008, la Gelmini aveva promesso un decreto legge anche
per l'università), ma non è riuscito ad ottenere l'annullamento dei
tagli finanziari alla formazione, massicciamente introdotti dalla
Legge 133 (8 miliardi di euro in meno per la scuola, 1.5 miliardi di
euro per l'università). Oggi, nel pieno di un autunno sempre più
carico di disoccupazione e di precarietà, indubbiamente ancora debole
sul piano del conflitto, il governo ha ripreso l'offensiva.

Il Ddl colpisce a morte l'università pubblica, riorganizzandola a
partire dall'insistenza dei tagli. Se la parte relativa alla
governance prefigura università snelle (per numero di facoltà), prive
di democrazia (riduzione e svuotamento delle competenze degli organi
collegiali) e aziendalizzate (apertura ai privati del Consiglio di
amministrazione), la seconda, quella che delega il governo al riordino
del diritto allo studio secondo la retorica del merito, introduce il
prestito d'onore per gli studenti, imponendo la formula del debito
individuale in sostituzione ai diritti comuni.

Ma è la terza parte quella che ci riguarda di più. In primo luogo
viene abolita la terza fascia di docenza, quella dei ricercatori a
tempo indeterminato. Solo contratti a termine per chi fa ricerca; poi,
dopo sei anni e un'abilitazione, tutti a sgomitare per i pochi posti
da professore associato, in concorsi locali e notoriamente
“meritocratici” ma in realtà profondamente opachi , i cui criteri
restano sostanzialmente invariati rispetto a quelli attuali. In
generale, questo DDL cambia tutto per non cambiare nulla. Per un verso
nessuna delle proposte elaborate in questi anni dai precari viene
assunta, e resta la giungla di contratti precari che caratterizzano
l'università attuale (gli assegni di ricerca, le borse di studio, i
contratti di docenza e altro), con la ratificazione dei contratti di
docenza GRATUITI. Per un altro verso si riduce lo spazio per la
ricerca e si consolida la tendenza alla liceizzazione dell'università
pubblica, in cui il compito prevalente delle figure “stabili” sarà la
didattica. La riforma promette solo tagli e non è previsto alcun
incremento di fondi: non si capisce quindi con quali soldi si potranno
assumere i ricercatori a tempo determinato, il cui costo è superiore a
quello degli attuali associati. Il tetto alla spesa per il personale
confermato nel disegno di legge e i tagli pesantissimi della legge 133
che già oggi stanno producendo migliaia di licenziamenti non faranno
che aggravarsi. Le campagne stampa che parlano di abolizione del
precariato sono chiaramente demagogiche: questa riforma il precariato
della ricerca lo moltiplica all'infinito.

È chiaro dunque che se questo DDL venisse approvato dalle Camere si
definirebbe un punto di non ritorno, meglio, la dismissione
dell'università pubblica che abbiamo conosciuto fino ad adesso.
Un'università, intendiamoci bene, che non ci siamo mai sognati di
difendere e che abbiamo con forza e passione criticato, a partire dal
nostro ruolo. Oggi è necessario, però, riprendere la critica dei tagli
e del DDL che ne è diretta espressione. Pretendere di finanziare
questa riforma con i soldi dello scudo fiscale è insensato. Non si può
vincolare l’università italiana alle trovate della finanza creativa
del ministro dell’economia Tremonti. Resta il fatto che in Italia si
spende meno dell’1% del PIL in ricerca, e questa riforma non prevede
alcun incremento.

Per questo riteniamo giunto il momento di riprendere parola, per
confrontare analisi e proposte, ma anche e soprattutto per ridefinire
una piattaforma e un'agenda di lotte condivise. Un'agenda che non si
limiti ad assumere la partecipazione alle scadenze sindacali già in
cantiere, ma che piuttosto faccia delle stesse occasioni per
rilanciare un movimento e una campagna politica molto più ampia e a
lungo termine, che riguardi l'università e la ricerca, ma che si leghi
anche alle lotte degli studenti e della scuola e che cominci a
immaginare e a pretendere un nuovo Welfare.

A partire da queste premesse e convinti che le nostre parole
rispondano ad un'esigenza diffusa, convochiamo per venerdì 20
novembre, alle ore 14 presso la Sapienza un'assemblea nazionale con il
seguente ordine del giorno:

1. Analisi del Ddl
2. Piattaforma delle rivendicazioni
3. Agenda delle mobilitazioni nazionali e territoriali

Con questo appello riteniamo fondamentale coinvolgere nella
partecipazione e nel dibattito gli studenti e i precari della scuola.

Laboratori Precari - Rete dei dottorandi e ricercatori precari delle
Università di Roma http://laboratoriprecari.blogspot.com

Coordinamento Nazionale Precari della Ricerca-Flc Cgil