sabato 20 novembre 2010

Meglio Ordinario che Precario-Lettera aperta del Coordinamento Precari Ricerca Catania ai docenti dell’Ateneo di Catania

Gentili professori emeriti, ordinari, associati,
Gentili ricercatori, già firmatari della petizione “Per una nuova e condivisa riforma
dell’università”,

con vivo stupore apprendiamo che tra le firme a sostegno della petizione “Per
una nuova e condivisa riforma dell’università”,promossa dal Coordinamento Unico d’Ateneo a partire dal 26 Ottobre 2010 e ieri presentata alla stampa, quelle degli studenti e dei ricercatori precari dell’ateneo sono state accantonate e non compaiono tra le sottoscrizioni, gerarchicamente strutturate, in calce al testo già
diffuso.

Non senza sorpresa, noi ricercatori precari del Coordinamento Unico d’Ateneo
già firmatari della stessa petizione, abbiamo seguito sulla mailing
listl’appassionato avvicendarsi dei messaggi di correzione, modifica,
integrazione, richiesta di chiarimenti su nomi, cognomi, afferenze e ruoli
vittime di refusi o imprecisioni: quanto scientifico rigore e stringente
metodologia applicati alla difesa dell’Università, quanta meticolosità nel
distinguere tra i firmatari emeriti e quelli ordinari, tra gli ordinari
semplici e i presidi ordinari, tra gli ordinari docenti e gli associati
anch’essi docenti, tra i professori associati e i ricercatori professori
mancati, tra i ricercatori e quell’unico solitario “personale Ata” che ha
firmato, a titolo anche’esso personale s’intende. Quanto accademico zelo
nello scartare uno dopo l’altro - o “epurare” come qualche docente del
Coordinamento Unico d’Ateneo ha avuto l’arguzia e la grazia di sottolineare
– quegli stessi dottorandi, assegnisti, docenti a contratto prescelti,
invece, per sostenere la didattica e la ricerca ogni giorno, tutti i giorni,
in tutte le facoltà ed in tutti i dipartimenti. Che nobile fatica
differenziare quanti oggi vedono sparire le già ridotte opportunità di
lavoro dentro l’Università da quanti, invece, un posto di lavoro a tempo
indeterminato già ce l’hanno – i ricercatori e i docenti - e non lo
rischiano, neanche per merito del Ministro Gelmini. Effettivamente la
differenza c’è.

Davanti alle firme “inutili” di studenti e precari, disorientati accogliamo
il successo delle oltre 500 (su i circa 1600 tra docenti e ricercatori
dell’ateneo) adesioni “accademicamente corrette” di quanti non hanno esitato
a condividere, e sottoscrivere, un’idea di Università intesa, come recita il
testo in forma di lettera aperta al Ministro dell’Università, quale
«organizzazione che esalti quel dibattito di idee che è la ragione stessa
della vita universitaria». Un’idea che – ne siamo certi, noi precari -
appartiene ai ricercatori e docenti diversamente strutturati quanto a quelli
abitualmente accomodati al vertice della piramide accademica. Un’idea che ci
rende pari nelle responsabilità che ci siamo dati collettivamente di fronte
allo scempio dei provvedimenti del Governo ma, alla luce dei fatti, non
nelle opportunità di esercitare altrettanto collettivamente il dissenso.
Neanche quello.

Oggi, all’indomani della cancellazione degli studenti e dei precari
universitari anche dalle petizioni contro il DdL “Gelmini”, oltre che
dall’agenda politica di Ministro, Rettori, Presidi e quanti hanno
responsabilità di governo negli atenei, non possiamo non interrogarci sul
significato delle parole e sul valore dei fatti, gentili colleghi.
Se anche nella mobilitazione ampia e condivisa di tutte le componenti
universitarie in difesa dell’Università pubblica, laica e pluralista –
secondo l’idea di Università che parrebbe trapelare dalle comunicazioni
intercorse - un professore ordinario pesa più di un precario e l’ordine
delle gerarchie prevale sulle priorità dei contenuti, allora urge
riconoscere che la questione del precariato universitario è una questione di
conflitto tra “categorie” prima che tra “generazioni”, che l’autoaffermazione del proprio ruolo di potere (soprattutto se piccolo) per gli accademici è prioritaria rispetto al riconoscimento dello stesso da parte degli altri, che la “maniera accademica” di deformare i rapporti gerarchici in senso paternalistico all’interno dell’Università è talmente strutturale e pervasiva da essere tragicomicamente travasata pure sul fronte della protesta contro il DdL sulla riforma universitaria.

Se anche al riparo dei proclami di democrazia e partecipazione ci sono
docenti e ricercatori che non sembrano saper resistere alla tentazione di
“passare per primi”, gentili colleghi e cari maestri, allora forse il Coordinamento Unico d’Ateneo ha fallito nel suo obbiettivo primario:
costruire quella consapevolezza comune dentro l’ateneo di Catania attraverso cui mettere in luce la realtà: questo Governo disprezza l’Università pubblica tutta, travolgendo i diritti degli studenti, dei ricercatori – strutturati e non - e dei professori in un sol colpo.

Di fronte all’emergenza dell’università pubblica demolita e della scuola
pubblica abbattuta, noi ricercatori precari dell’Università di Catania
sentiamo sempre più forte la necessità di rilanciare un cambio di rotta
decisivo e siamo ancora capaci di immaginare un’Università in cui la
“qualità” non debba fare il paio per forza con la “competizione”, con la
cancellazione delle opportunità e dei diritti dei più fragili; guardiamo ad
un’Università in cui la solidarietà tra tutte le componenti del mondo
universitario sia la principale, e naturale, garanzia per la tutela degli
interessi collettivi e non, viceversa, il canale per amplificare le già
insopportabili disparità.

Noi ricercatori precari restiamo coerenti rispetto all’idea di un’altra
Università possibile che ci ha spinto già due anni fa - molto prima di
ricercatori indisponibili, associati preoccupati e ordinari sensibili – a
prendere una posizione decisa al fianco dei docenti della scuola e degli
studenti per un’Università e una Scuola migliori di quelle attuali e diverse
da quelle deformate dalle politiche dissennate di chi ha l’ambizione di
governarle senza un progetto di sviluppo, come se fossero un condominio.

*Noi ricercatori precari sappiamo già che è meglio essere Ordinario che
Precario, ma “non siamo disponibili” a tollerare che sia la cifra della
protesta dell’Università di Catania.*

Per questo chiediamo che vengano immediatamente reintegrate le firme degli
studenti e dei ricercatori precari in calce alla petizione a testimonianza
di quella comunanza di obbiettivi, prospettive e pratiche che ci siamo dati,
in modo unico, come Coordinamento Unico dell’Ateneo di Catania.

Catania, 20 Novembre 2010

Coordinamento Precari della Ricerca Catania

venerdì 5 novembre 2010

Petizione CPU e sottoscrizione

Il CPU ha lanciato una sottoscrizione per chiedere ai Senati Accademici e ai Consigli di Amministrazione delle università statali di deliberare l'uscita dei propri atenei dalla CRUI. In questo periodo di tagli alla ricerca e all'istruzione (ultima vittima le borse di studio, appena tagliate del 90%), che stanno rendendo sempre più difficile studiare, insegnare e fare ricerca, il coordinamento propone che gli atenei non versino fondi, (pari a circa 1,5 milioni di euro), per un organismo che di fatto, si è mostrato del tutto non rappresentativo del malessere e del disagio dell'università nei confronti della riforma proposta dal governo.

La sostanziale inerzia della Conferenza dei Rettori (CRUI) in questo biennio di tagli e la sua incapacità di farsi interprete del malessere e del dissenso del mondo accademico di fronte alla cosiddetta “riforma dell’università” dimostrano in maniera incontrovertibile come questa associazione non sia ormai più in grado di svolgere in maniera credibile le funzioni previste dal suo stesso statuto (rappresentare le università italiane e valorizzarne l’autonomia, proporre a Governo e Parlamento pareri tecnici sul sistema universitario, sostenere iniziative volte a migliorare il sistema di ricerca ed alta formazione, elevare la funzionalità, la qualità e il prestigio del sistema universitario italiano).

Le recenti prese di distanza di alcuni rettori dalle posizioni ufficiali della CRUI, dopo mesi di sbandierato unanimismo, mostrano tutti i limiti di un organismo arcaico, incapace di sviluppare un dibattito e darsi meccanismi di funzionamento realmente democratici.

Di fronte all’evidenza che la CRUI oggi non serve davvero più a nulla e a nessuno, ci chiediamo e chiediamo all’intero corpo accademico che senso abbia tenere in vita strutture costosissime come la CRUI e la fondazione CRUI, cui le università italiane, colpite da tagli pesantissimi, versano ogni anno quote associative che non hanno conosciuto alcuna crisi economica. Mentre si tagliano servizi e personale e gli investimenti in ricerca sono costantemente ridimensionati, il finanziamento di questa “associazione di università” è un lusso che il nostro sistema accademico davvero non può più permettersi.

Il legittimo diritto dei rettori a darsi proprie forme di rappresentanza può benissimo essere svolto da una nuova associazione di rettori, e non di università, che come ogni associazione di categoria si finanzi con i contributi personali degli iscritti.

Per queste ragioni inviamo un appello ai rettori, ai senati accademici, ai consigli di amministrazione di tutte le università pubbliche italiane affinché deliberino la fuoriuscita dei propri atenei dalla CRUI e investano le risorse risparmiate in servizi di maggiore utilità per il sistema universitario e per l’intero paese.

Il link per sottoscrivere la petizione è il seguente
http://www.gopetition.com/petition/40360.html

giovedì 28 ottobre 2010

Saviano e la professionalità

Noi vogliamo essere pagati per la ricerca e docenza che eroghiamo. Non solo perché è giusto non lavorare gratis o per compensi risibili, ma perché solo così gli studenti e tutti i cittadini possono pretendere la giusta qualità dal servizio che forniamo. Solo se trattati con la dignità che si deve ad ogni lavoratore possiamo sfuggire ai mercanteggiamenti e ai patti subdoli e inconfessabili che si celano dietro il lavoro gratuito.
Ecco come ce lo spiega uno che mercanteggiamenti e mafie ha cercato di combatterle:


(testo di accompagnamento di Giuliano Garavini)

venerdì 22 ottobre 2010

Intervento di Di Pietro all'UNICAL ed osservazioni dei Ricercatori Precari

Oggi, all'Università della Calabria, è passato Antonio Di Pietro.
Questo il suo intervento integrale.
In attesa del report completo, ascoltiamo il suo intervento:


Ecco l'intervento dei precari da parte di Daniela Napoli:

I 9000 posti della Gelmini NON sono vere assunzioni! -Comunicato del CPU

Da giorni i lavoratori precari della ricerca e della docenza delle università italiane sono costretti a leggere sui giornali, o ad ascoltare negli spazi informativi televisivi, mistificanti resoconti e commenti sulla vicenda delle 9.000 posizioni universitarie promesse dal Ministro Gelmini per agevolare l’approvazione della cosiddetta “riforma universitaria” e per le quali mancherebbero i fondi. Questa prassi inaccettabile è stata fatta propria anche da diversi esponenti politici, da ultimo il leader dell'Italia dei Valori, Antonio di Pietro, nella puntata di “Ballarò” del 19 ottobre 2010.

Vogliamo sottolineare come questi 9.000 posti non sono, nelle intenzioni del Ministro, destinati all’assunzione di precari, ma a concorsi per posizioni di professore associato riservati, *de jure* o *de facto*, ad avanzamenti di carriera di ricercatori universitari già stabilmente assunti a tempo indeterminato che, dunque, in nessun modo rischiano di perdere il proprio posto di lavoro.

La promessa di questi 9.000 posti altro non è che un modo per comprare il consenso di una parte minoritaria dei ricercatori a tempo indeterminato e non avrebbe alcun effetto sulla situazione di oltre 60.000 precari della ricerca e della docenza che sono essenziali all'attività quotidiana che si svolge in tutte le università italiane, spesso subendo il ricatto di Consigli di Facoltà pronti a barattare false opportunità per il futuro con prestazioni di lavoro gratuite o sottopagate. Casomai, anzi, la scelta di dirottare risorse esclusivamente sulle promozioni di chi già occupa posizioni stabili avrebbe l’effetto di cancellare ogni possibilità di accesso per i lavoratori precari.

Noi precari del Coordinamento dei Precari dell'Università (CPU) invitiamo pertanto la stampa e tutti i leader politici ad astenersi dal rappresentare in modo caricaturale la protesta nelle università e a raccogliere tutte le dovute informazioni prima di rilasciare dichiarazioni.

giovedì 21 ottobre 2010

Comunicato sui fondi Mussi a cura del Coordinamento dei Precari dell'Università (CPU)

Noi precari del Coordinamento dei Precari dell'Università (CPU) leggiamo con sdegno il resoconto della risposta del sottosegretario Guido Viceconte all’interrogazione parlamentare sull’utilizzo dei fondi stanziati dal precedente Governo nell’ormai lontano 2006 per l’assunzione di nuovi ricercatori nelle università. A precisa domanda (fornire dati certi sugli stanziamenti delle quote Mussi non ancora utilizzate e fissare un termine per l'utilizzo delle quote che alcuni atenei non stanno utilizzando, in vista di una possibile redistribuzione ad altre università) il sottosegretario ha risposto semplicemente con il nulla.

La verità è che, nonostante le due ministre Gelmini e Meloni abbiano in più occasioni sbandierato in giro la cifra di 4000 ricercatori assunti grazie all’opera del loro Governo, il reclutamento ristagna in tutte le università italiane e i pochi posti banditi sono frutto di uno stanziamento vecchio ormai di 4 anni, utilizzato con il contagocce e addirittura da alcuni atenei incamerato ed utilizzato per altre e non ben chiare finalità. Il tutto mentre i pochi concorsi che ancora si svolgono procedono secondo prassi deplorevoli: candidati convocati alla stessa ora in sedi distanti centinaia di chilometri, bandi a pagamento che prevedono l’ingiustificato moltiplicarsi dei costi per i candidati. Noi precari del Coordinamento dei Precari dell'Università (CPU) chiediamo al Ministero di intervenire in modo chiaro per garantire a tutti la partecipazione ai concorsi pubblici.

L’Italia occupa il terzultimo posto nella classifica OCSE sugli addetti alla ricerca rispetto al totale della popolazione attiva, precedendo solo il Messico e la Turchia. Anziché dedicarsi alla devastazione definitiva dell’università italiana attraverso il taglio del già scarso investimento in università e ricerca ed il proposito di affidare il controllo totale degli atenei agli stessi rettori responsabili delle fallimentari amministrazioni degli ultimi anni, il Governo dovrebbe preoccuparsi di allineare il numero di docenti e ricercatori delle università italiane agli standard europei, sostenendo e rifinanziando il reclutamento straordinario avviato nel lontano 2006.

domenica 17 ottobre 2010

Enrico Natalizio alla manifestazione Fiom

Il 16 ottobre c'è stata, a Roma, la manifestazione nazionale dei metalmeccanici (sul sito della CGIL un resoconto e una galleria fotografica). Questo il video dell'intervento di Enrico:
IPTV CGIL: Intervento di Enrico Natalizio alla Manifestazione Fiom del 16 ottobre 2010