Da giorni i lavoratori precari della ricerca e della docenza delle università italiane sono costretti a leggere sui giornali, o ad ascoltare negli spazi informativi televisivi, mistificanti resoconti e commenti sulla vicenda delle 9.000 posizioni universitarie promesse dal Ministro Gelmini per agevolare l’approvazione della cosiddetta “riforma universitaria” e per le quali mancherebbero i fondi. Questa prassi inaccettabile è stata fatta propria anche da diversi esponenti politici, da ultimo il leader dell'Italia dei Valori, Antonio di Pietro, nella puntata di “Ballarò” del 19 ottobre 2010.
Vogliamo sottolineare come questi 9.000 posti non sono, nelle intenzioni del Ministro, destinati all’assunzione di precari, ma a concorsi per posizioni di professore associato riservati, *de jure* o *de facto*, ad avanzamenti di carriera di ricercatori universitari già stabilmente assunti a tempo indeterminato che, dunque, in nessun modo rischiano di perdere il proprio posto di lavoro.
La promessa di questi 9.000 posti altro non è che un modo per comprare il consenso di una parte minoritaria dei ricercatori a tempo indeterminato e non avrebbe alcun effetto sulla situazione di oltre 60.000 precari della ricerca e della docenza che sono essenziali all'attività quotidiana che si svolge in tutte le università italiane, spesso subendo il ricatto di Consigli di Facoltà pronti a barattare false opportunità per il futuro con prestazioni di lavoro gratuite o sottopagate. Casomai, anzi, la scelta di dirottare risorse esclusivamente sulle promozioni di chi già occupa posizioni stabili avrebbe l’effetto di cancellare ogni possibilità di accesso per i lavoratori precari.
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