mercoledì 25 novembre 2009

Documento dell'Assemblea Nazionale dei Ricercatori Precari

Oggi 20 Novembre una grande assemblea di precari e di studenti, provenienti da tutta Italia, si è riunita alla Sapienza per rilanciare – a partire dalle molteplici iniziative di lotta organizzate in questi mesi nei vari atenei e scuole – un percorso ampio di mobilitazione che rimetta al centro la lotta contro il progetto di dismissione dell'università e che rivendichi un nuovo sistema di garanzie sociali all'altezza delle sfide poste dall'attuale mondo del lavoro. Ad un anno di distanza dall'esplosione dell'Onda, siamo ancora fermi nel nostro rifiuto della crisi economica:
noi la crisi non la paghiamo, vogliamo fin da subito riappropriarci del nostro futuro e della ricchezza sociale che ci viene quotidianamente sottratta.
Per queste ragioni chiediamo, in primo luogo, il ritiro immediato del DDL Gelmini – presentato mediaticamente come disegno “innovativo” di riforma dell’Università – che rappresenta palesemente un progetto di riproposizione e cristallizzazione di tutti gli elementi negativi del sistema universitario, denunciati più volte dal movimento dell’Onda:
- non risolve in nessun modo il problema della precarietà né del ricambio
generazionale – come propagandato dal Governo – aumentando, invece, il fossato tra tutelati e non tutelati, tra chi è dentro e chi è fuori dal sistema di garanzie sociali;
- non interviene sulla governance degli atenei per innovarla, ma per chiudere i già irrisori spazi di democrazia e partecipazione delle differenti componenti accademiche e consolidare e rafforzare il potere delle corporazioni responsabili del fallimento dell'università pubblica negli ultimi 30 anni;
- indebolisce ulteriormente il diritto allo studio, chiedendo agli studenti di indebitarsi “all'americana” attraverso lo strumento del prestito d’onore, mentre la crisi globale – che mostra il fallimento di un sistema fondato sull'indebitamento – richiederebbe una netta inversione di tendenza e di maggiori investimenti per garantire a tutti l’accesso ai livelli più alti dell’istruzione superiore;
- completa il processo di de-strutturazione e riduzione dell’Università pubblica
prefigurando, quindi, un'università complessivamente più piccola, che non risponde alla domanda di maggiore conoscenza e competenze che il nostro paese dovrebbe considerare centrale per le proprie politiche di sviluppo; con l'entrata dei privati negli organi di governo si regalano gli atenei ai poteri locali, senza che questi diano nessun contributo alla crescita dell'università;
- restituisce alle lobby accademiche il controllo sui concorsi, senza incidere sulle pratiche clientelari e mettendo in competizione i precari e gli attuali ricercatori; servirebbe, invece, un piano straordinario di reclutamento, con un numero consistente di concorsi che diano opportunità reali a chi garantisce il funzionamento quotidiano della didattica e della ricerca nei nostri atenei;
- nasconde il progetto di smantellamento selettivo dell'università dietro il paravento della valutazione dei meriti individuali; tuttavia, non si può far finta di non sapere che precarietà e ricattabilità rendono impossibile una valutazione trasparente delle capacità delle persone; la valorizzazione del merito non può prescindere da un serio investimento (anche e soprattutto economico) sulla qualità della didattica e della ricerca e sulla garanzia di autonomia sociale di chi studia, di chi insegna e di chi fa ricerca nelle università. In assenza di tali garanzie, nel contesto Italiano, l'insistenza da parte governativa sul merito si risolve in uno strumento di ulteriore ricatto per i precari. La retorica dell'efficienza e della meritocrazia altro non è che uno strumento per dequalificare ulteriormente il sapere, per stratificare e declassare la forza lavoro.
Specularmente, il taglio dei finanziamenti per la scuola contenuto nella legge 133 di 8 miliardi di euro e la legge 169 con la cancellazione delle compresenze e del modulo determinano un netto peggioramento della qualità della didattica e producono migliaia di licenziamenti. A questo si aggiunge il progetto di legge Aprea che, se approvato, porterebbe l'ingresso dei privati nelle scuole e sarebbe causa di una assurda gerarchizzazione della classe docente con la repressione della libertà di insegnamento e dell'autonomia dei docenti. Allo stesso modo, la volontà di aziendalizzare la scuola uccide l'emancipazione culturale degli studenti. Il protagonismo del movimento dei precari della scuola, dei genitori e degli studenti di questi ultimi mesi si salda naturalmente con la lotta che parte dalle università per costruire una grande risposta unitaria di tutto il mondo della conoscenza contro l'attacco mosso da governo.
In un contesto di forte crisi sociale e produttiva, l’investimento politico ed economico sulla Scuola, sull'Università, le Accademie, i Conservatori e sulla Ricerca come beni comuni dovrebbe essere il principale strumento per il rilancio del paese, fondato sulla qualità della vita delle persone e che sappia andare oltre i limiti del modello fallimentare imposto dall'attuale classe dirigente ed imprenditoriale. L'attacco alla Scuola e all'Università al quale stiamo assistendo è parte di un'aggressione più generale, tanto più anacronistica proprio perché cade nel pieno del fallimento delle politiche di smantellamento dello stato sociale condotte negli ultimi tre decenni.
Non è un caso se l'Onda ha fatto breccia nell'immaginario: ha saputo, infatti, esprimere i bisogni e i desideri di una nuova generazione. La generazione dell'Onda ha mostrato, nel cuore della crisi globale, che in una società della conoscenza l'accesso pubblico all'università e la qualità del sapere, sono degli elementi di nuova e piena cittadinanza. Oggi, alla luce del nuovo progetto di riforma e assunto il definitivo fallimento del modello del 3+2, pensiamo sia ancor più centrale riaprire, in tutti gli atenei, la lotta per l'accesso e per la qualità del sapere, per l'abbattimento delle forme di blocco, di selezione e di segmentazione dei percorsi formativi (numeri chiusi, test d'ingresso, percorsi d'eccellenza), per la rivendicazione di spazi di decisione sulla didattica e sulla ricerca e di autogestione dei percorsi formativi.
Scuola, Università, Accademie, Conservatori e Ricerca sono parte di un modello innovativo di welfare che sappia rispondere alle attuali forme di sfruttamento. La continuità del reddito, l'accesso alla casa e alla mobilità sono bisogni ormai imprescindibili. Solo rispondendo al problema della precarietà di chi studia e lavora nei luoghi della conoscenza con la definizione di un nuovo welfare, si oppone una risposta al governo che non sia corporativa, ma che sappia parlare all'intera società e attraversarla. Per queste ragioni riteniamo decisivo rilanciare nelle
prossime settimane una campagna, in tutte le città, per rivendicare forme di erogazione, diretta ed indiretta, di reddito per gli studenti e i precari, che vada nella direzione del rifiuto delle forme di precarizzazione.
Per questo, da oggi, studenti e lavoratori precari lanciano una vera e propria campagna di mobilitazione che unifichi le lotte portare avanti nelle scuole e nelle università e che, a partire da questa Assemblea nazionale, abbia il passo abbastanza lungo da mettere in discussione il percorso di questo DDL e porre all'ordine del giorno nazionale l'elaborazione di un nuovo sistema di welfare all'altezza delle sfide della società della conoscenza. Si propone di:
- organizzare iniziative di mobilitazione sui territori, in forme molteplici, il 2 dicembre;
- in occasione dell'11 dicembre vogliamo generalizzare lo sciopero e assediare il
Ministero, a partire dalla mobilitazione già lanciata dai coordinamenti e dai precari delle scuole e dai sindacati;
- assediare il Parlamento in concomitanza con il calendario di discussione e votazione del DDL;
- organizzare una grande manifestazione nazionale a Roma a inizio marzo che, partendo dalla difesa e dal rilancio dal mondo della conoscenza, coniughi la necessità di eliminare la precarietà lavorativa ed esistenziale con il contrasto delle migliaia di licenziamenti giustificati pretestuosamente con la crisi rivendicando un nuovo sistema di welfare fondato sulla continuità di reddito per tutti, l'accesso alla mobilità alla casa e ai servizi.

Assemblea nazionale dei precari e degli studenti
Roma, 20/11/2009

mercoledì 18 novembre 2009

Riprendere la parola, rilanciare il movimento

Appello per un'assemblea nazionale a Roma a “La Sapienza” venerdì 20 Novembre.

Il Disegno di legge per la riforma dell'Università, da poco approvato
in Consiglio dei ministri (28.10), ci impone di riprendere la parola.
E' passato un anno, infatti, da quel movimento straordinario che ha
congelato ogni ipotesi di riforma organica dell'università, invadendo
le piazze di tutta Italia. Un movimento, quello dell'Onda, che ha
saputo reinventare il conflitto in un Paese trafitto dalle destre e
privo di opposizione. Un movimento che, partito nelle università, è
dilagato nelle scuole e ha coinvolto anche noi, precari della ricerca,
già protagonisti delle lotte contro il Ddl Moratti nell'autunno del
2005.

La forza dell'Onda ha in buona parte fermato l'iniziativa governativa
(ricordiamo che al seguito dell'approvazione del Dl 137 sulla scuola –
29 ottobre del 2008, la Gelmini aveva promesso un decreto legge anche
per l'università), ma non è riuscito ad ottenere l'annullamento dei
tagli finanziari alla formazione, massicciamente introdotti dalla
Legge 133 (8 miliardi di euro in meno per la scuola, 1.5 miliardi di
euro per l'università). Oggi, nel pieno di un autunno sempre più
carico di disoccupazione e di precarietà, indubbiamente ancora debole
sul piano del conflitto, il governo ha ripreso l'offensiva.

Il Ddl colpisce a morte l'università pubblica, riorganizzandola a
partire dall'insistenza dei tagli. Se la parte relativa alla
governance prefigura università snelle (per numero di facoltà), prive
di democrazia (riduzione e svuotamento delle competenze degli organi
collegiali) e aziendalizzate (apertura ai privati del Consiglio di
amministrazione), la seconda, quella che delega il governo al riordino
del diritto allo studio secondo la retorica del merito, introduce il
prestito d'onore per gli studenti, imponendo la formula del debito
individuale in sostituzione ai diritti comuni.

Ma è la terza parte quella che ci riguarda di più. In primo luogo
viene abolita la terza fascia di docenza, quella dei ricercatori a
tempo indeterminato. Solo contratti a termine per chi fa ricerca; poi,
dopo sei anni e un'abilitazione, tutti a sgomitare per i pochi posti
da professore associato, in concorsi locali e notoriamente
“meritocratici” ma in realtà profondamente opachi , i cui criteri
restano sostanzialmente invariati rispetto a quelli attuali. In
generale, questo DDL cambia tutto per non cambiare nulla. Per un verso
nessuna delle proposte elaborate in questi anni dai precari viene
assunta, e resta la giungla di contratti precari che caratterizzano
l'università attuale (gli assegni di ricerca, le borse di studio, i
contratti di docenza e altro), con la ratificazione dei contratti di
docenza GRATUITI. Per un altro verso si riduce lo spazio per la
ricerca e si consolida la tendenza alla liceizzazione dell'università
pubblica, in cui il compito prevalente delle figure “stabili” sarà la
didattica. La riforma promette solo tagli e non è previsto alcun
incremento di fondi: non si capisce quindi con quali soldi si potranno
assumere i ricercatori a tempo determinato, il cui costo è superiore a
quello degli attuali associati. Il tetto alla spesa per il personale
confermato nel disegno di legge e i tagli pesantissimi della legge 133
che già oggi stanno producendo migliaia di licenziamenti non faranno
che aggravarsi. Le campagne stampa che parlano di abolizione del
precariato sono chiaramente demagogiche: questa riforma il precariato
della ricerca lo moltiplica all'infinito.

È chiaro dunque che se questo DDL venisse approvato dalle Camere si
definirebbe un punto di non ritorno, meglio, la dismissione
dell'università pubblica che abbiamo conosciuto fino ad adesso.
Un'università, intendiamoci bene, che non ci siamo mai sognati di
difendere e che abbiamo con forza e passione criticato, a partire dal
nostro ruolo. Oggi è necessario, però, riprendere la critica dei tagli
e del DDL che ne è diretta espressione. Pretendere di finanziare
questa riforma con i soldi dello scudo fiscale è insensato. Non si può
vincolare l’università italiana alle trovate della finanza creativa
del ministro dell’economia Tremonti. Resta il fatto che in Italia si
spende meno dell’1% del PIL in ricerca, e questa riforma non prevede
alcun incremento.

Per questo riteniamo giunto il momento di riprendere parola, per
confrontare analisi e proposte, ma anche e soprattutto per ridefinire
una piattaforma e un'agenda di lotte condivise. Un'agenda che non si
limiti ad assumere la partecipazione alle scadenze sindacali già in
cantiere, ma che piuttosto faccia delle stesse occasioni per
rilanciare un movimento e una campagna politica molto più ampia e a
lungo termine, che riguardi l'università e la ricerca, ma che si leghi
anche alle lotte degli studenti e della scuola e che cominci a
immaginare e a pretendere un nuovo Welfare.

A partire da queste premesse e convinti che le nostre parole
rispondano ad un'esigenza diffusa, convochiamo per venerdì 20
novembre, alle ore 14 presso la Sapienza un'assemblea nazionale con il
seguente ordine del giorno:

1. Analisi del Ddl
2. Piattaforma delle rivendicazioni
3. Agenda delle mobilitazioni nazionali e territoriali

Con questo appello riteniamo fondamentale coinvolgere nella
partecipazione e nel dibattito gli studenti e i precari della scuola.

Laboratori Precari - Rete dei dottorandi e ricercatori precari delle
Università di Roma http://laboratoriprecari.blogspot.com

Coordinamento Nazionale Precari della Ricerca-Flc Cgil